Video

04/05/2013 19:37:49

Sabiha Kasimati: La prima scienziata donna albanese

Daniela Vathi






HERMESNEWS - Il rapporto delle donne con la scienza è sempre stato caratterizzato da una strada tutta in salita sia in ambito culturale, sia ancor più in ambito professionale. Per riuscire a conquistarsi uno spazio seppur minimo, queste donne hanno dovuto infrangere molte barriere, a prezzo di grandi sacrifici e in virtù di una determinazione fuori dal comune. Raramente si usano ricordare gli sforzi e le fatiche, che inevitabilmente hanno accompagnato i primati raggiunti e le competenze scientifiche di queste "belle menti".

Eppure il loro contributo per la scienza e di conseguenza per l’intera umanità è immenso. Nonostante avessero dovuto combattere contro pregiudizi e mentalità tipicamente maschiliste, esse sono riuscite a farsi strada tra i colleghi maschi e a farsi rispettare.
Nomi di illustre scienziate come Montalcini, Agnesi, Montessori, Hack, Curie, Meitner, ecc. sono ben noti alla memoria collettiva, ma moltissime sono le altre illustri donne appassionate di scienza, un campo ritenuto meramente maschile, che hanno contribuito a far progredire l'umanità anche se trascurate dalla storia e il cui operato è passato inosservato.

Se pensiamo che sono in pochi a sapere che la scoperta che ha rivoluzionato la genetica umana e gli studi relativi, ossia la scoperta della doppia elica del DNA, si deve ad una donna, Rosalind Franklin, ma sfortunatamente non le fu riconosciuto il merito, che venne erroneamente attribuito ai due scienziati Watson e Crick, ai quali tale scoperta valse il premio nobel.

Un destino simile sarebbe toccato anche ad una scienziata albanese, la prima, Sabiha Kasimati. Sono pochi gli albanesi a conoscere il suo nome, al massimo si ricordano della sua triste fine, ma quasi nessuno del suo lavoro come scienziata o meglio come la prima donna scienziata del paese.
La storia di questa donna è molto interessante sotto molti punti di vista e la si potrebbe chiamare senza esitazione “un’intellettuale all’occidentale”, cosa non consueta per l’Albania di inizio novecento. Naturalmente preferirei che si abbandonasse ogni tipo di lettura in chiave politica, in quanto lo ritengo assolutamente secondario alla figura di questa straordinaria donna.

Sotto il fardello della plurisecolare tradizione e sotto l’influenza del mondo orientale, rappresentato ai tempi dall’impero ottomano, la società albanese era poco aperta verso il mondo femminile, e ancor meno propensa al loro ruolo attivo nella società. Secondo la mentalità tipica, le ragazze venivano date in spose in giovane età e dedicavano la propria vita alla crescita e all’educazione dei figli, nonché alla cura della casa. Ed è proprio questo ambiente chiuso a rendere ancora più affascinate la figura di Sabiha Kasimati, come donna innanzi tutto e poi come scienziata, destinata a sfidare la società albanese e i pregiudizi che la caratterizzavano.

Chi era dunque Sabiha Kasimati?

Sabiha Kasimati nacque ad Edirne nel 1912 ( anno della proclamazione dell’indipendenza dell’Albania), era figlia di un medico, originario di Libohova, che esercitava il suo mestiere in Turchia. Seppur lontani dalla patria, la famiglia Kasimati crebbe i figli con un grande amore per la patria e la cultura, non solo albanese, ma anche europea in generale.

Quando la famiglia tornò in Albania, essa si stabilì dal fratello maggiore nella romantica città di Korca, nota tuttora per la sua cultura di ispirazione francese. Un fatto importantissimo che avrebbe segnato la sua vita fu che Sabiha fu la prima ragazza a frequentare il Liceo Francese a Korca,

servendo da esempio per molte altre. Questo liceo era molto stimato in tutta l’Albania dell’epoca e vi studiavano i figli degli esponenti principali del paese. Dunque fin da giovanissima il suo destino la condusse a distinguersi ed essere unica. Fu compagna di classe di Enver Hoxha, il futuro dittatore, ma tale conoscenza le sarebbe costato caro, carissimo! Tuttora i cittadini di Korca la ricordano con affetto come “la prima fanciulla del liceo”, bella e schietta, spensierata, solare, intelligente, con un temperamento maschile tanto che si accompagnava con gli amici del liceo con sorprendente naturalezza.

Non tardò a distinguersi per la sua intelligenza e lo zelo negli studi, padroneggiava già benissimo diverse lingue europee, tanto da attirare l’attenzione dei professori francesi del liceo per il suo ottimo accento francese. Una volta finito il Liceo, insegnò per poco tempo “Educazione morale” e lingua francese presso l’Istituto femminile a Korca e in seguito biologia presso la scuola albano- americana a Kavaje.

Nel 1936 realizzò il suo grande sogno di frequentare l’università, riuscendo ad ottenere una borsa di studio. L’università era un privilegio riservato a pochissimi fortunati. Si iscrisse presso la Facoltà delle Scienze biologiche a Torino, dove oltre a laurearsi con 30/30 cum laude, riuscì anche a conseguire il dottorato di ricerca nel 1941.

Anche a Torino diede sfoggio della propria intelligenza, tanto che le venne offerto di lavorare come assistente presso la cattedra di ittiologia fluviale a Torino. Desiderosa di tornare nel proprio paese e di metterne a servizio il proprio ingegno, rifiutò l’offerta e decise di tornare. Tornata a Tirana, cominciò a lavorare presso l’Istituto delle Scienza, ossia il primo ed unico istituto scientifico del paese, sotto la guida del prof. Selahudin Toto, noto intellettuale.

Qui realizzò un importantissimo lavoro di ricerca nel campo dell’ittiologia ( la scienza che studia i pesci), per di più fu anche la prima ittiologa del paese, in un periodo in cui in Albania non esisteva ancora la raccolta della fauna e della flora esistente. In dieci lunghi anni di lavoro pieno d’entusiasmo e d’impegno, Sabiha esplorò e studiò tutta la fauna ittiologica fluviale e marina nelle acque albanesi, convinta che gli studi sui pesci sarebbero stati di grande aiuto economico al paese in quanto ne è particolarmente ricco.

Fece la classificazione in base alla tassonomia in classi, generi e sottogeneri dei pesci, determinando anche le zone di diffusione dei principali tipi di pesci, e vari studi sui loro cicli biologici. Dopo un corposo lavoro per la compilazione di migliaia di schede, collezioni di mostre raccolte in decine di spedizioni, a partire dal lago di Butrint fino ai laghi di Lura, dal lago di Prespa fino al mare ionico ed adriatico, come anche nei fiumi più importanti, registrando ed elaborando intanto migliaia di referenze bibliografiche e fotografiche, Sabiha Kasimati era pronta a pubblicare la sua voluminosa opera “I pesci dell’Albania”, che sarebbe stato di grande ausilio non solo all’Albania, ma a tutti i paesi balcanici confinanti.

Ma ecco che il suo destino si intreccia con quello di Rosalind Franklin! La sua opera non verrà pubblicata sotto il suo nome, la vera autrice, ma sotto il nome di uno scienziato russo Anatoli Poliakov, e di due studiosi principianti albanesi Ndoc Filipi e Ndoc Rakaj.

Sabiha Kasimati, fiera dei suoi ideali illuministi, scelse di seguire un modello “occidentale” anche nel suo stile di vita. Essa non si sposò mai e viveva da sola in un appartamento a Tirana, poiché aveva bisogno dei suoi spazi. Infatti usava/osava ricevere amici ed amiche intellettuali nella propria casa, dando luogo a lunghe discussioni e confronti tra le persone più acculturate di quegli anni. Ovviamente non erano solite le donne in Albania che vivessero da sole ( e non lo sono tuttora), senza cadere nell’occhio in un paese dalla mentalità alquanto chiusa ed arretrata, dunque si trattava ancora una volta di una sfida agli usi e costumi della società del tempo.

Intanto, in Albania si stava instaurando la dittatura di stampo comunista di Enver Hoxha, ex compagno del liceo, il quale com’è risaputo eliminò ogni voce dissidente nel paese, eliminando fisicamente chiunque osasse contrapporsi al regime ormai totalitario de facto. La maggior parte degli intellettuali che avevano studiato all’occidente venne condannata a morte, ma ciò che turbò ed irritò maggiormente la biologa fu la condanna a morte del suo professore Selahudin Toto e la condanna ai lavori duri dell’amica Musine Kokalari, la prima scrittrice donna albanese.

Nota a tutti per il suo carattere diretto e coraggioso, Sabiha chiese un appuntamento a Enver Hoxha, e dopo averlo criticato, ritenendolo l’unico responsabile della strage degli intellettuali, pare gli abbia detto:
“Sono venuta e dirti che stai uccidendo tutti gli intellettuali. Con chi hai intenzione di costruire l’Albania con i calzai o con i rottamai?!” In seguito, non curandosi affatto del pericolo sicuro che incombeva su di lei, decise di andare a trovare gli amici nel campo di internamento di Jube, condannati ai lavori forzati.

La sua palese disapprovazione e la dissidenza, che non aveva mai occultato, verso il regime di Hoxha firmarono la sua prossima eliminazione.

Correva l’anno 1951 quando fu lanciata una bomba o meglio della dinamite presso il cortile dell’Ambasciata Russa a Tirana, che però non provocò nessun danno se non qualche vetro rotto. Il regime, in base a dei piani e delle liste preparate precedentemente, ordinò l’arresto di un centinaio di cittadini ritenuti coinvolti con l’esplosione della bomba, di cui una ventina dovevano essere fucilati, in modo da servire da esempio a chiunque altro osasse un atto rivoluzionario del genere. In realtà si trattava di una plausibile scusa per eliminare coloro che erano ritenuti pericolosi per il regime.

Ed ecco che viene coinvolta anche la biologa Sabiha Kasimati, vicino al suo nome nella lista degli arrestati vi era una croce rossa che significava fucilazione, con l’accusa di aver partecipato ad atti terroristici e di lavorare per conto di agenti stranieri.

Essa negò tutte le accuse che le mossero durante l’interrogatorio, rispondendo:” Sono contraria al potere popolare, poiché non concilia con la mia ideologia. Non ho mai creduto che tramite atti rivoluzionari si potesse giungere al socialismo. Io ho studiato biologia e dunque sono un’evoluzionista. L’evoluzione è parte intrinseca di ogni cosa. La violenza non porta al socialismo, né tanto meno alla democrazia, bensì direttamente alla rovina.”

La particolarità di quell’occasione sta nel fatto che 23 intellettuali furono fucilati, senza aver subito un processo, che in realtà fu svolto in assenza degli imputati, cioè dopo che 23 persone erano state ormai eliminate.
La notte del 26 febbraio 1951, legati coi fili spianti, essi furono fucilati uno ad uno nei pressi del ponte di Beshir e gettati in un’unica grande fossa comune. Sabiha Kasimati fu l’unica donna ad essere fucilata in mezzo a 22 uomini, ma essendo stata fucilata per ultima, la pallottola non la prese subito, allora fu presa a bastonate dalle guardie, tra le urla che sconvolsero i paesini vicini, finché non esalò l’ultimo respiro. La triste fine di una donna coraggiosa che dedicò la vita al sapere ed alla scienza, oggi, ahimè, abbandonata all’oblio …

“Povero quel popolo che ha bisogno di eroi” - Bertolt Brecht

HermesNews - © 2013