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08/04/2013 19:29:24

Il Trionfo di Scanderbeg a Venezia

Il ciclo iconografico di Paolo Veronese nella chiesa di San Sebastiano a Venezia






VENEZIA - La Prof. Lucia Nadin (foto), che - ormai da molti anni - si occupa di scoperte, pubblicazioni e studi a soggetto albanese e, in particolare, scutarino, questa volta ha formulato una sua proposta di rilettura, presentata nella conferenza “Il ciclo di Paolo Veronese nella Chiesa di San Sebastiano a Venezia: una sorprendente lettura in chiave balcanica”, curata oltre che da lei dallo studioso di arte sacra, Mario Bonaldi, e tenutasi, il 18 marzo, a Venezia, negli ambienti dell’Ateneo Veneto.

Parte di queste ricerche sono già state pubblicate sull’omonima rivista, a febbraio, presentate a Tirana ed accennate a Todi, a novembre, in occasione dei festeggiamenti per il Centenario dell’Indipendenza.

Oggetto di esame è il ciclo pittorico di affreschi e tele nella chiesa di San Sebastiano, luogo dell’arte inestimabile e del riposo eterno del protagonista dell’arte del Cinquecento, Paolo Caliari, detto il Veronese, che rappresenta in particolare il racconto biblico di Ester, ragazza ebrea nella corte del re persiano Assuer, e Mardocheo, suo zio che, insieme ad essa, ormai regina, smaschera un complotto e i piani di annientamento del popolo ebreo da parte di Amman; e quelle del Martirio di San Sebastiano e dei santi Marco e Marcellino.

La ricercatrice Nadin fa notare le congruenze tra la vita di Scanderbeg e quella di Mardocheo, davvero sorprendenti: entrambi presi in ostaggio sin dalla giovinezza e cresciuti in esilio alla corte del re dove, distinti per le loro capacità, aspettavano solo di porsi alla guida, verso la salvezza e la vittoria, del proprio popolo perseguitato, ed entrambi, in modi diversi, sono considerati dei protettori della fede.

Giorgio Castriota, contrastando l'occupazione turca, combatteva anche la sua religione: Venezia, Napoli e il Vaticano, quindi l'Europa cristiana, riposero in lui le speranze e confidarono che lo stratega invincibile, che meritò gli appellativi Miles Christi, Athleta Fidei e ultimo Crociato, avrebbe posto fine all'avanzata ottomana.

Il fatto che il maestro veronese lo raffigura in veste regale, trionfante in sella ad un cavallo bianco, quale era anche il cavallo dell’eroe nazionale albanese, in contrasto con il traditore Amman, in cavallo nero, non sembra essere una coincidenza, e nemmeno di grande fedeltà al racconto.
La bandiera che accompagna il trionfo - rossa e con un'aquila nera, della quale si vede solo lateralmente il corpo - stranamente, anche laddove sono più visibili le due teste ( in un altro quadro, nella stessa chiesa), è stata letta unanimemente come imperiale asburgica.

Un'imprecisione giustificata, forse, dal messaggio controriformista che la chiesa tradizionalmente ha attribuito al racconto di Ester (lei, simbolo della Fede, e Mardocheo il Giusto tramite il quale Ester, la Fede trionfa su Amman, il Male), e dalla presenza dell'aquila bicefala, anch’essa asburgica; ma un dubbio viene dal colore dello sfondo, il quale, nel caso asburgico, è stato sempre chiaro.

Ciò che sembra una ipotesi di interpretazione diventa un fatto indiscutibile con il “dettaglio” dello sfondo rosso della bandiera, araldo "Castriota" o "albanese", dal medioevo ad oggi, e, con gli studi sulle trame di relazioni e influenze, culturali e religiose, che posero le basi per l'attuazione del progetto pittorico della stessa chiesa.

I protagonisti di questa trama furono Bernardo Torlioni, Antonio Beccari, e anche “albanesi” naturalizzati veneziani come, su tutti, il sacerdote e scrittore Marino Barlezio, o altri come il nobile di una certa vitalità culturale Tomaso Mamoli, l'editore Bernardino de Vitali, e anche il vescovo cipriota Livio Podacataro.

Da non sottovalutare l'influenza, soprattutto in certi ambienti religiosi, del mito del martirio dei cattolici di fronte all'estenuante assedio di Scutari, i martiri di Otranto e di Cipro, l'immagine della Madonna del Buon Consiglio di Scutari che abbandona la sua città per "emigrare" a Genazzano di Roma, e le ondate migratorie dirette a Venezia.

La famiglia Angeli, con i fratelli Pietro e Paolo ed i loro figli, la più illustre ed influente tra quelle albanesi, già molto ben integrate nel tessuto veneziano, con conoscenze importanti in varie città italiane, soprattutto in ambienti religiosi, politici e culturali, con il suo ruolo e le sue vicende martoriate, nazionali e famigliari (in particolare quella di Pietro e sua moglie Lucia Spano, presa in ostaggio dai turchi nel fatale anno 1478), diede voce, attraverso un'imponente opera di recupero e rivalutazione della memoria storica, alla tragedia collettiva albanese, divenuta terra di confine e di scudo religioso.

Questi studi permettono di comprendere il filo rossonero, cioè “albanese”, di questa chiesa e fanno acquistare maggior profondità di significato al ciclo pittorico interamente dipinto dall’autore de “L’assedio di Scutari”: la figura di Scanderbeg-Mardocheo difensore della fede; il martirio del giovane Sebastiano che, diversamente dalla tradizione, ma similmente alla realtà storica scutarina, affronta impavido il persecutore Diocleziano; la madre, simbolo della Chiesa Albanese, raffigurata con la sua tragedia mentre vede i suoi figli, Mario e Marcellino, vestiti "alla scutarina", andare al martirio; il padre con il mantello rosso con i gigli angioini, ricorda la veste di Scanderbeg; le mogli destinate a rimanere sole con i figli, così come le vedove scutarine; la bandiera rossa con l’aquila dorata che richiama l’imperatore Costantino; l’aquila nera a due teste coronata sul vestito rosso del personaggio che difende il martire, richiama gli Angeli e il loro paese d’origine; la testa di capra, ricorrente, che rappresenta, nella mitologia greca Zeus, nella profezia biblica di Daniele il regno greco che sconfigge l'impero persiano e, infine, Alessandro (in turco, Iskander) Magno nell'elmo di Giorgio Castriota re; le figure dei santi Pietro e Paolo richiamano i due fratelli Angeli, e quella di Santa Lucia, la moglie di Pietro, vittima di guerra e dunque martire.

Detto tutto ciò, dobbiamo pensare che la ricerca non sia affatto conclusa, anzi: interpellata in proposito, la Prof. Nadin ci ha gentilmente e modestamente, risposto che quest’ultima scoperta ‘fornisce un nuovo tassello alla vitalità della figura di Scanderbeg, in questo caso a partire dalla terra veneta, dando rilievo al suo spessore sovranazionale; apre a nuovi problemi circa il ruolo dell'Albania nella politica internazionale tra '400 e '500: aspetto questo che apparirà in un secondo articolo in corso di scrittura’. E, nel futuro prossimo, ‘il progetto è di riuscire a inserire l'Albania nella tradizione dell'arte figurativa veneta tra Medio Evo e Rinascimento, sia attraverso albanesi immigrati nelle terre della Serenissima, artisti: pittori, scultori, architetti, sia attraverso artisti italiani che hanno preso a soggetto l'Albania entro la loro produzione. Storia, ovviamente, in gran parte tutta ancora da scrivere.”

Siamo dunque di fronte all’anteprima di una ricerca continua, fatta dalla studiosa Nadin, che rende necessario un riesame più approfondito al significato di queste opere, di questa chiesa, di tutta l'opera dell’illustre Paolo Veronese, addirittura dell'arte veneziana di quel periodo, che tanta influenza ha avuto dall'Albania, da Scanderbeg, da Scutari e dai profughi da Scutari assediata. //HermesNews - © 2013//

Fioralba Duma